di FABIO DI PASQUALE –
Una volta era la carta, con il suo proliferare all’interno degli uffici, ad essere contenitore e veicolo di informazioni. Uno stesso documento poteva esistere in diverse forme, versioni e soprattutto copie, con il rischio di essere fonte di problemi e/o incomprensioni. Come individuare la versione definitiva, e l’originale? Come avere la certezza di non lavorare su una bozza o stesura intermedia? E si potrebbe andare avanti.
L’esigenza di una corretta gestione di questi documenti si è fatta via via più forte, soprattutto sotto forma di governance dei processi aziendali, istituzione di protocolli, responsabilità degli uffici sulla gestione di alcune in- formazioni, etc. Il tutto per garantire il più possibile la certezza dell’informazione.
Con le nuove tecnologie la situazione è pressoché identica, anzi arrivare alla certezza è ancora più a rischio. Dunque l’aspetto di garanzia della validità, congruenza e veridicità dell’informazione posseduta e gestita delle aziende, soprattutto in riferimento alle cosiddette “anagrafiche”, è un elemento che nessuna azienda che vuole arrivare al successo dovrebbe sottovalutare.
Uno dei requisiti per restare competitivi oggi passa, infatti, attraverso la valorizzazione del proprio patrimonio informativo; il processo di informatizzazione è oramai consolidato in tutte le realtà ed ha comportato la realizzazione di “silos” applicativi quali sistemi RDBMS, CRM e ERP, sistemi di billing, applicazioni aziendali etc. Questi ambienti applicativi spesso trattano dati relativi agli stessi soggetti, ma ne hanno “viste” differenti in funzione del loro ambito e non si preoccupano della congruenza delle informazioni trattate nei diversi contesti. Ecco quindi l’esigenza di un consolidamento delle informazioni verso un sistema aggregante, più o meno definito, che consenta di distribuire il dato nella sua forma più corretta.
Esigenze di questo tipo sono state affrontate con gli strumenti disponibili al momento, primo tra tutti il Data Warehouse, che consente un’aggregazione e sintesi delle informazioni gestite dai vari “silos” applicativi presenti in azienda. Con l’aumentare dell’esperienza in questa problematica, si sono affacciate sul mercato soluzioni più evolute e soprattutto dedicate alla gestione delle problematiche connesse ad un consolidamento dati più articolato, prima fra tutte il Master Data Management
Soluzioni di Master Data Management (MDM) offrono una vista unificata del dato e valorizzano il patrimonio informativo disponibile, nel quale l’insieme (vista unificata) è superiore alla somma delle parti (singolo data base).
La buona riuscita di un progetto di consolidamento dati, indipendentemente dalla soluzione tecnica adottata, non può prescindere da una gestione qualitativa, dell’informazione, atta a garantire una corretta sincronizzazione, storicizzazione e integrazione delle diverse fonti dati presenti in azienda.
Il tutto passa quindi attraverso un processo/progetto di Data governance & Data Management. La costruzione di un progetto di questo tipo consentirà quindi di utilizzare al meglio le informazioni oggi presenti nei diversi “silos” aziendali, avviando una politica di gestione qualitativa dei dati attraverso la quale verranno abilitati nuovi processi di business, sincronizzati ed in linea con i dati e messe a disposizione del management informazioni certe in base alle quali prendere delle decisioni. Nella Pubblica Amministrazione Centrale e nelle grandi aziende, i progetti di MDM e quindi di Data Quality stanno diventando una strategia di trasformazione aziendale, come la pietra angolare per tutti i processi aziendali critici e per le decisioni aziendali.
Questo tipo di progetti si caratterizzano da un importante ritorno di in- vestimento, espresso in termini di bilancio sociale e di riduzione dei costi, grazie a nuovi progetti di integrazione, che si fondono in mattoni e malta con i programmi di comunicazione (CRM), business intelligence (BI) ed e- commerce. Si avviano così i processi di trasformazione per il lancio di nuovi servizi al cittadino, facendo sinergia tra i patrimoni informativi presenti nei “silos” aziendali trattando i dati come una risorsa, mettendoli a disposizione per servizi integrati di front office e di back office, nonché per migliorare la conoscenza dei bisogni del cittadino/cliente all’interno dell’azienda, offrendo la possibilità di misurare l’efficacia ed i benefici attesi in termini di “qualità” dell’informazione trattata utile allo scopo di “prendere delle decisioni”.
Reason That, azienda leader nell’Information Management, ha sviluppato una significativa esperienza nell’ambito dei progetti di “Data Governance & Data Management”, avendo svolto progetti in ambito pubblico e privato dove ha fornito soluzioni in grado di gestire complessità derivanti dalla nu- merosità dei “silos aziendali”/banche dati, spesso ridondanti.
La società collabora con i maggiori produttori di tecnologia software, ed aziende di consulenza direzionale.
Reason That si rende disponibile per mettere a disposizione dell’Amministrazione/Organizzazione la propria competenza nel settore dell’Information Management, con l’obiettivo di valutare insieme l’efficacia di un progetto di consolidamento dati analizzando:
⁃ lo stato dei flussi informativi e delle relative basi dati;
⁃ le complessità delle azioni di bonifica e consolidamento del patrimonio informativo;
⁃ i possibili miglioramenti delle performance mediante un progetto di Data Governance & Data Management;
⁃ il rapporto Costi/Benefici ed i tempi di implementazione di un progetto di Data Governance & Data Management;
⁃ il perimetro di un possibile progetto pilota.
Una volta consolidata la banca dati di una organizzazione vengono sviluppati sistemi di business intelligence che permettono l’analisi specifica e l’interpretazione dei fenomeni che vanno dal marketing, ai comportamenti socio-economici, alla individuazione di punti critici nell’organizzazione al fine di un miglioramento del servizio verso la clientela finale.
I processi e le attività di Business Intelligence si devono quindi basare su insiemi di dati coerenti, rappresentanti la realtà dell’azienda/organizzazione. I processi di Data Quality sono fondamentali e propedeutici a qualunque
progetto professionale di Business intelligence.
Un caso pratico riguarda l’analisi del sistema bancario rispetto al sistema
delle imprese e come le Banche Popolari sempre legate al territorio abbiano cavalcato questo momento come una opportunità per confermare il loro ruolo di sistema a sostegno delle famiglie e delle imprese.
Ne parliamo con il Segretario Generale dell’ Associazione Nazionale fra le Banche Popolari, il Dottor Giuseppe De Lucia Lumeno.
L’ondata speculativa sostenuta dalla retorica turbo-capitalista, sempre più forte negli ultimi anni in Italia e nel mondo, non è riuscita ad omologare il sistema bancario, che vede le Banche Popolari avere ancora un ruolo da pro- tagonista nel mondo creditizio. Il Segretario Generale di Assopopolari, Giuseppe De Lucia Lumeno, mostra ottimismo, confortato da numeri che danno ragione alle Banche Popolari e cooperative. “Le Popolari – afferma De Lucia Lumeno – continuano, nonostante una crisi duratura e internazionale, a rispondere alle esigenze dei territori e delle piccole e medie imprese, impegnate a superare le enormi difficoltà che hanno colpito chi opera per lo sviluppo delle economie locali”.
Le Banche Popolari sono dunque in crescita, dottor De Lucia Lumeno?
I dati parlano chiaro. Lo scorso anno c’è stato un incremento dei crediti del 6.7% e la raccolta è aumentata del 8.5%. E anche i finanziamenti concessi a imprese e famiglie sono cresciuti dell’8%, soprattutto nel Nord Italia.
Eppure, di tanto in tanto, viene messo in dubbio il ruolo delle Banche Popolari. Perché?
Perché le Banche Popolari sono efficienti, vanno bene, aumentano le proprie quote di mercato e non si sono lanciate in operazioni spregiudicate. Quindi quando le cose vanno bene, c’è sempre qualcuno che pensa di poterci mettere le mani, soprattutto in periodi in cui la speculazione internazionale la fa da padrona. Siete stati accusati di essere troppo piccoli, frammentati, mentre al contrario le grandi banche italiane hanno fatto fusioni, si sono ingrandite. Tutto ciò che viene fatto affinchè il nostro Paese abbia un ruolo importante nel mondo in campo finanziario ci è gradito. Noi non ci lamentiamo della crescita altrui, semplicemente gradiremmo lo stesso trattamento. Ma non possiamo dimenticare che a livello locale il riferimento della piccola e media impresa è la banca popolare.
Insomma, il carattere localistico è la vostra forza.
Sì. Va bene quindi che le grandi banche crescano, ma ognuno ha il suo ruolo. Indipen- dentemente dalle dimensioni, noi veniamo riconosciuti da tutti come le banche del territorio. Quindi abbiamo diritto a vivere e a crescere.
Però anche le Banche Popolari fanno fusioni o acquisizioni…
La dimensione non è un valore assoluto in sé, non c’è una dimensione ottimale. Esiste una dimensione relativa, cioè legata ad un contesto operativo. Il problema delle Banche Popolari è una filosofia e un modo di essere, non la dimensione. E pur essendo diventate
di maggiori dimensioni per essere competitive, le Popolari mantengono uno spirito localistico molto forte.
Intanto il sistema bancario italiano ha messo Mario Draghi ai vertici della BCE.
Si tratta sicuramente di una vittoria del nostro Paese. Draghi è uomo di valore, riconosciuto da tutti. Anche dal punto di vista tecnico è validissimo. L’Italia solitamente gode di un’immagine inferiore rispetto ai propri reali valori e alle proprie potenzialità e risorse. La scelta di Draghi dimostra come l’Italia sia capace di esportare manager di grande livello in Europa e non solo subire alcune decisioni. Anche se c’è chi pensa il contrario.
Come stanno in questo momento le banche in generale?
Non possono non soffrire la situazione contingente. I rischi sono in aumento, le decisioni assunte dalle autorità competenti risultano essere sempre più re- strittive, il che crea disagi a tutti, banche comprese, sull’economia reale.
C’è differenza tra banche italiane e banche europee?
Non direi. La crisi è generale. Più o meno tutte le banche risentono della crisi dei mercati. Però va sottolineato che la speculazione non coincide con le banche, almeno con le banche commerciali italiane ed europee; piuttosto la speculazione risiede nelle banche d’affari e nelle grandi finanziarie statu- nitensi e del far east.
E le Popolari come se la passano?
Soffrono anch’esse la crisi, nonostante la stabilizzazione. In ogni caso con- tinueranno a finanziare le imprese sul territorio. E le Banche Popolari sono soggetti di sviluppo dell’economia reale.
Fabio Di Pasquale
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