Pubblichiamo l’intervento di Giulio Anselmi, Presidente dell’Ansa, su “Diritti d’autore nell’era di Internet”

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Il “caso Google” è l’emblema di una battaglia che vede tutti gli editori impegnati a difendere non solo i propri diritti ma quelli di tanti altri soggetti. Anselmi apre il dibattito con una fotografia del presente senza tralasciare elementi del nostro passato utili per immaginare il futuro: “Il diritto d’autore viene protetto dagli Stati da circa tre secoli. Veniva protetto con particolare efficacia perché le leggi si basavano sulle difficoltà tecniche di riproducibilità delle copie illegali. Fare un libro a fotocopie naturalmente non era facilissimo, così come non lo era la riproduzione di cassette soprattutto perché la qualità delle copie non era paragonabile all’originale. Con l’arrivo dell’opera digitalizzata, che è scorporata dal suo supporto fisico e si è trasformata in un flusso di dati, le cose sono molto cambiate: c’è una trasmissione immediata, a basso costo, con un’ottima qualità dove la centesima copia vale come la prima. Nel frattempo si è diffusa nell’opinione pubblica, soprattutto tra i giovani, l’idea che copiare opere coperte dal copyright non sia un illecito, sia al più una cosa non giusta sul piano della correttezza, ma non illecita.

Allora è chiaro che il diritto d’autore vada in qualche modo ripensato cercando di far convivere gli aspetti individuali e collettivi, tema importante all’interno della comunicazione dove al diritto di informare del singolo giornalista, del singolo media, corrisponde il diritto ad essere informata dell’intera opinione pubblica. Quindi aspetti singolari e collettivi si mescolano.

Qui è evidente che l’ideatore di un’opera non deve essere danneggiato e deve avere anche una giusta retribuzione, però è vero anche che norme troppo restrittive possono portare ad un blocco della libera circolazione delle idee. Bisogna trovare un punto di equilibrio, cosa non facile.

In Italia, se vogliamo trovare delle individualità che rappresentano le due diverse posizioni, abbiamo, da una parte, i “Wu Ming” (scrittori collettivi) che sostengono le ragioni della collettività o, se volete, del mercato, dei consumatori. Le opere in questo caso si possono riprodurre liberamente su supporti digitali ed i vantaggi in termini di notorietà sono notevoli. Dall’altra parte abbiamo uno degli autori che ha venduto di più in Italia in questi anni, Giorgio Faletti, che si è trasformato in una sorta di testimonial dell’antipirateria, sostenendo che lo scrittore, l’autore, l’artista, vive della propria opera e non può quindi accettare una riproduzione che non sia autorizzata e che non lo remuneri in quanto produttore dell’opera.

Si tratta di un punto di equilibrio difficile da ottenere, che si situa su tentativi di copyright irrisolto, tanto sul terreno del software quanto su quello dell’opera artistica.

Ci sono poi diversi sforzi di trovare un equilibrio tra i diritti dell’autore e quelli della collettività dei consumatori, come il cosiddetto copyleft (ovvero una sorta di anticopyright, che tutela meno i diritti dei creatori dell’opera rispetto a quelli dei fruitori) e i creative commons, che riguardano soprattutto le opere d’arte.

Inoltre bisogna tenere ferme le distinzioni tra chi utilizza un’opera per uso proprio, privato, e chi ne fa un uso commerciale, ancorché illecito.

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Giulio Anselmi

Presidente ANSA

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