Emanuele Nenna (Presidente di OBE – Osservatorio del Branded Entertainment, questa settimana è il protagonista del progetto “Comunicazione e futuro: il valore di un common ground” lanciato da Marianna Ghirlanda, presidente IAA Italy Chapter, che nell’articolo, che si può leggere qui, spiega perché è utile condividere visioni di protagonisti del mondo della pubblicità. Le altre testimonianze: Lorenzo Sassoli de Bianchi (presidente Auditel)Giovanna Maggioni (presidente Audioutdoor)Massimo Martellini (presidente Audimovie);Antonio Martusciello (presidente Audiradio); Roberto Liscia (Presidente diNetcomm);Marco Travaglia (Presidente UPA);Chiara Alvisi (Presidente IAP – Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria);Alessandro Maggioni (Presidente FCP-Associnema).

Perché è importante l’industria dell’advertising?

“Da sempre l’advertising è lo strumento più potente per la creazione di valore per le marche. Un valore tutt’altro che intangibile, che – nella storia di molte grandi aziende – ha contato quanto (se non più del) prodotto. Un valore che però oggi le aziende fanno più fatica a riconoscere, in un contesto in cui i modelli economici (o meglio, finanziari) premiano i risultati di breve termine, spingendo a privilegiare la tattica rispetto alla strategia – affidandosi a leve di marketing meno legate alla creatività, come distribuzione e prezzo.

In questo scenario, l’industria dell’advertising ha la necessità – e direi il dovere – di tenere alta l’attenzione sul potenziale differenziante della buona comunicazione, in tutte le sue molteplici e spesso nuove forme.

E lo deve fare anche per le aziende, per evitare che vengano schiacciate in una competizione che appiattisce tutto su volumi ed efficienza, penalizzando necessariamente la qualità. Se – come credo – questo è un pericolo reale, l’industria dell’advertising diventa importante anche per le persone, quelle che ipocritamente non chiamiamo più consumatori, che devono essere difese dal deterioramento della qualità dei prodotti che acquistano”.

Perché non siamo più in grado di attrarre i giovani talenti?

“Forse questa domanda parte da un’affermazione che non è del tutto vera.

Ci sono molti talenti (o per lo meno se ne vedono passare diversi) nelle agenzie di comunicazione. Per fortuna la creatività è ancora capace di affascinare, e l’idea di trasformarla in un lavoro continua ad essere un’opzione interessante per i ragazzi.

Come industry, possiamo fare di più per promuovere il fascino di una bella professione. Possiamo raccontare di più e meglio storie che generino l’ambizione di farne parte. Possiamo ispirare e sedurre con più attenzione e, magari, con più creatività. Possiamo approfittare dell’attenzione, della curiosità e anche del timore legato all’ingresso prepotente dell’AI negli ambiti creativi per ribadire quanto – in un contesto in cui gli strumenti generativi dei contenuti saranno sempre più raffinati e semplici da usare – il talento umano diventerà una risorsa sempre più preziosa per le agenzie.

Detto ciò, non credo però che il punto vero sia quello di attrarli, i talenti. La difficoltà più grande oggi è nel portarli a brillare. Arrivano in agenzia, ma a volte non li riconosciamo subito: siamo disattenti, sovraccarichi, con la testa bassa. Non sempre abbiamo l’ambizione o il tempo di scovarli. Se invece ci riusciamo, a volte non abbiamo il cibo giusto per nutrirli, i progetti adatti a farli appassionare, i manager giusti per accompagnarli nella crescita.

Ci sono le eccezioni: i talenti crescono e si affermano. E poi? Trattenerli è molto più difficile di un tempo. Perché le agenzie hanno sempre meno una loro identità forte su cui creare fedeltà. Perché hanno obiettivi di marginalità che non consentono grande generosità quando si parla di stipendi. E perché – per tutti i motivi detti finora – i concorrenti sono pronti a proporre offerte interessanti per saltare tutto il processo e “comprare” il giovane talento (a cifre comunque piccole) da chi ha fatto la fatica di portarlo a brillare.

La soluzione (non facile, ma chiara) sta nel lavoro che dobbiamo fare sulla industry, partendo dall’alto, in un funnel che dovrebbe essere scritto così:

  1. Creazione di valore reale e misurabile per la buona comunicazione
  2. Divulgazione e ispirazione per generare cultura e consapevolezza
  3. Rafforzamento della reputazione e del potere negoziale delle agenzie, per liberare risorse da investire nel talento

Le associazioni, ciascuna con il proprio ruolo, possono e devono fare una parte del lavoro.

Oggi ho l’onore di presiedere una bella associazione come OBE – Osservatorio del Branded Entertainment, e da qui possiamo lavorare sulla parte centrale del funnel che ho descritto sopra: quella della cultura. Sta a noi studiare, divulgare, ispirare, formare una parte del mercato. Con lo sforzo congiunto di tutti, e la tenacia che serve a non scoraggiarsi in tempi non particolarmente felici, qualcosa di buono – tutti insieme – lo possiamo fare”.

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Maria Pia Rossignaud
Giornalista curiosa, la divulgazione scientifica è nel suo DNA. Le tecnologie applicate al mondo dei media, e non solo, sono la sua passione. L'innovazione sociale, di pensiero, di metodo e di business il suo campo di ricerca. II presidente Sergio Mattarella la ha insignita dell'onorificenza di Cavaliere al Merito della Repubblica Italiana. Vice Presidente dell’Osservatorio TuttiMedia, associazione culturale creata nel 1996, unica in Europa perché aziende anche in concorrenza siedono allo stesso tavolo per costruire il futuro con equilibrio e senza prevaricazioni. Direttrice della prima rivista di cultura digitale Media Duemila (fondata nel 1983 da Giovanni Giovannini storico presidente FIEG) anticipa i cambiamenti per aiutare ad evitare i fallimenti, sempre in agguato laddove regna l'ignoranza. Insignita dal presidente Mattarella dell'onorificenza di "Cavaliere al Merito della repubblica Italiana. Fa parte del gruppo di esperti CNU Agcom. E' fra i 25 esperti di digitale scelti dalla Rappresentanza Italiana della Commissione Europea. La sua ultima pubblicazione: Oltre Orwell il gemello digitale anima la discussione culturale sul doppio digitale che dalla macchina passa all'uomo. Già responsabile corsi di formazione del Digital Lab @fieg, partecipa al GTWN (Global Telecom Women's Network) con articoli sulla rivista Mobile Century e sui libri dell'associazione. Per Ars Electronica (uno dei premi più prestigiosi nel campo dell'arte digitale) ha scritto nel catalogo "POSTCITY". Già docente universitaria alla Sapienza e alla LUISS.