Il 9 giugno scorso, il Parlamento europeo ha approvato con 529 voti a favore un Report sull’enforcement in materia di copyright. Esso evidenzia il contributo dell’industria culturale e nello specifico delle imprese c.d. IPR intensive – cioè quelle che hanno un utilizzo per dipendente di diritti di proprietà intellettuale superiore alla media – alla crescita economica e alla produttività: risulta che queste imprese hanno generato quasi 10 milioni di posti di lavoro nell’area UE e rappresentano circa il 7/8% del PIL europeo.
Nell’industria culturale, il settore dell’editoria giornalistica è particolarmente interessato da fenomeni di pirateria digitale: con l’avvento della Rete e delle nuove modalità di diffusione e fruizione dei contenuti editoriali, si è creato un terreno propizio ad abusi o comunque ad usi non autorizzati dei prodotti dell’editoria d’informazione. Negli ultimi anni, in particolare, questo trend crescente si caratterizza per una gradualità del fenomeno che va dalla realizzazione di rassegne stampa online diffuse senza l’autorizzazione dei titolari dei diritti di sfruttamento all’utilizzo clandestino di opere protette.
Alcuni dati di settore: uno studio condotto nel 2014 dalle associazioni europee degli editori di quotidiani e periodici (ENPA ed EMMA) ha evidenziato come:
a) gran parte del materiale pirata si trova online e molti siti illegali hanno sede nei Paesi dell’Unione; in particolare, gli editori di 5 Stati membri, tra cui l’Italia, affermano che le loro pubblicazioni sono interessate da fenomeni di pirateria in una misura che va dal 75% al 100% e che tali fenomeni si realizzano per almeno il 70% all’interno dello Stato di origine;
b) i costi della pirateria online sono essenzialmente di tre tipi: mancato introito; costo del personale per attività di web monitoring (1000 notificazioni di infringement nell’arco degli ultimi 12 mesi); costo dell’avvio di procedure in base alle normative civilistiche nazionali contro i siti illegali (da 1.000 Euro in Germania a 25.000 Euro in Finlandia e UK) e tempi procedimentali lunghi (18/24 mesi in UK, 6/12 mesi in Francia, circa 3 mesi in Germania);
c) tra le possibili modifiche proposte dagli editori europei c’è la richiesta di procedure semplificate, più celeri, e che consentano una agevole identificazione dell’autore della violazione, attraverso l’esibizione di prove documentali più semplici e immediate.
In Italia, l’approvazione del Regolamento AGCOM (nel marzo 2014) per la tutela del diritto d’autore online ha fornito una prima risposta a tali istanze: in poco più di un anno, l’attivazione della procedura online da parte della FIEG a tutela degli interessi dei propri associati ha portato alla rimozione di circa 1500 pubblicazioni quotidiane e periodiche che venivano quotidianamente caricate su siti illegali, in violazione della disciplina sul diritto d’autore.
In sede giudiziaria, esito positivo hanno avuto anche le azioni del Sole 24 Ore contro il sito pirata YouKioske e quella della Mondadori contro il sito pirata Avaxhome: caso quest’ultimo in cui, per la prima volta, è stato configurato non solo il reato di illecita riproduzione di materiale soggetto a copyright (art. 171 ter LdA) ma anche quello di ricettazione, con conseguente applicazione delle maggiori pene previste per il reato contro il patrimonio.
Ancora, la collaborazione con la Guardia di Finanza ha portato in successive operazioni (la più recente è la c.d. Black Press Review dell’aprile 2015) alla chiusura di circa 20 siti pirata.
Molto è stato fatto ma molto resta da fare.
Gli editori europei sostengono la necessità di codificare in sede legislativa la regola del c.d. follow the money: tale misura, in analogia con i princìpi che si stanno affermando in ambito internazionale per la lotta alla pirateria commerciale sulle reti telematiche e da ultimo richiamati anche nel Report sopracitato, approvato dal Parlamento europeo il 9 giugno 2015, prevede l’identificazione diretta di coloro che per scopi commerciali violano il diritto d’autore evadendo anche le norme fiscali italiane, attraverso l’ordine d’identificazione rivolto agli istituti di credito e/o alle società che emettono e distribuiscono carte di credito.
Oltre alle azioni di enforcement, la pirateria digitale va combattuta attraverso due strade prioritarie: l’offerta di servizi legali attraenti e le campagne pubbliche di sensibilizzazione e di educazione alla legalità. Sono due elementi chiave, l’altro consiste nella capacità dell’industria di far valere i propri diritti, assicurando che i consumatori/lettori abbiano un incentivo ad abbandonare i servizi illegali per quelli legittimi. Per fare ciò occorre un approccio a 360 gradi, che coinvolga appieno anche gli altri soggetti economici che operano nell’ecosistema della rete, come gli internet service provider e i player del mercato pubblicitario.
Andrebbe, infine, rafforzata la collaborazione internazionale tra le forze investigative e di polizia di più Paesi, anche attraverso l’adozione di norme uniformi che facilitino lo scambio delle informazioni investigative, perché sono comuni le pratiche di elusione per cui i soggetti che incoraggiano attivamente la pirateria hanno sede legale in un Paese, i server e gli strumenti informatici in un altro e le proprie risorse finanziarie in un altro ancora.