Fieg Fnsi
Il presidente della Fieg, Andrea Riffeser Monti, e il segretario generale della Fnsi, Raffaele Lorusso (D), durante una conferenza stampa sul disegno di legge in materia di diffamazione a mezzo stampa nella sala Caduti di Nassirya in Senato, Roma, 21 gennaio 2020. ANSA / ETTORE FERRARI

Fieg e Fnsi esprimono il loro più convinto apprezzamento per l’iniziativa della Procura di Bari che ha disposto il sequestro di 19 canali Telegram pirata, adottando una misura finalmente concreta ed efficace di contrasto alla pirateria digitale: se, infatti, la piattaforma non collaborerà fattivamente, si andrà al blocco dell’accesso da parte dei provider italiani a Telegram.

È questo il commento della Federazione Italiana Editori Giornali e della Federazione Nazionale Stampa ItalianaÂsugli ultimi sviluppi delle azioni di contrasto alla pirateria digitale, che avevano portato nei giorni scorsi a un primo parziale blocco dei canali incriminati da parte di Agcom. Come rilevato ad istruttoria ancora in corso, i canali segnalati avevano tuttavia provveduto a cambiare nome e a riprendere gran parte delle loro attività illecite. È di tutta evidenza, quindi, anche sulla scorta delle stesse indicazioni dell’Autorità, come sia necessaria una tempestiva riforma della normativa che attribuisca specifici poteri di intervento all’Agcom.

Fieg e Fnsi apprendono con soddisfazione che la magistratura e le forze di polizia giudiziaria hanno riconosciuto la fondatezza e la gravità del fenomeno segnalato, con una iniziativa senza precedenti per la quale si ringrazia il procuratore Roberto Rossi e i Nuclei speciali della Guardia di Finanza: Nucleo Polizia economica finanziaria di Bari, Nucleo Speciale Tutela Privacy e Frodi Tecnologiche e Nucleo Speciale Beni e Servizi.

Fieg e Fnsi, infine, tornano a chiedere che, alle iniziative di contrasto della pirateria digitale, si accompagni un’azione decisa da parte di Governo e Parlamento per recepire in tempi brevi la direttiva europea sul diritto d’autore nell’ordinamento italiano, analogamente a quanto già avvenuto in altri Paesi dove il confronto con le piattaforme digitali è a uno stadio molto più avanzato. Si tratta di un passaggio imprescindibile per tutelare gli investimenti delle aziende editoriali e difendere il lavoro dei giornalisti.

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