Il consiglio TuttiMedia vuole far riflettere sulla mente intelligente protesi tecnologica dall’uomo provando a delineare i prossimi passi di un’evoluzione che affascina e spaventa allo stesso momento. Mentre vanno all’asta i pochi costumi di “2001: Odissea nello spazio” sopravvissuti alla regola di Stanley Kubrick che distrugge tutto il materiale di scena e i costumi, cerco di capire dove stiamo andando riportando alcuni punti dell’ultima discussione avuta con Roberto Saracco (IEEE) su prospettive e tendenze di business dell’IA. Emerge subito che qualcosa di fondamentale sta cambiando: “L’obiettivo dell’IA di diventare indistinguibile dall’intelligenza umana in realtà oggi è messo in discussione – spiega Saracco – tutto è cominciato, qualche anno fa, con la partita di Go durante la quale i campioni del gioco sono rimasti colpiti dalla mossa vincente del computer perché loro non l’avrebbero mai eseguita”.
Saracco spinge a riflettere sulle parole “noi non l’avremmo fatto” perché questa affermazione rappresenta uno spartiacque che conduce all’idea di IA non più come mimica della nostra intelligenza ma come un diverso tipo di intelligenza. Questa nuova IA può essere, per aspetti da misurare con i risultati, migliori dell’intelligenza umana.
“In sintesi l’ IA può fare qualcosa di più e soprattutto qualcosa che noi non saremmo in grado di fare – sottolinea Saracco – lo stiamo vedendo in queste ultime settimane con l’applicazione di sistemi di IA al rilevamento del Covid con un’affidabilità che si sta dimostrando eccezionale perché la macchina affronta il problema in maniera diversa rispetto a come lo affronterebbe una persona. Ci avviamo verso un’era in cui l’intelligenza artificiale sarà completamente diversa dalla nostra, ma che può fiancheggiare e collaborare”.
Il cambiamento in atto è basato su una nuova strategia. Infatti fino ad ora l’IA sostanzialmente permette la gestione di una quantità di dati maggiore rispetto a quella della testa umana. L’ IA in questi ultimi anni è stata sostanzialmente big data e analisi di dati.
“Quello che stiamo vedendo in questi ultimi mesi è una transizione perché l’Intelligenza Artificiale può lavorare a partire dai dati sintetici – precisa Saracco – quindi non dati che esistono ma dati che la macchina si auto costruisce attraverso un processo interno di osservazione e precisamente simile a quello che fa il bambino piccolo quando guarda il mondo, ma con un approccio diverso perché assegna probabilità e in più l’ IA non si stupisce. La differenza sostanziale è che il bambino piccolo impiega degli anni per arrivare a capire qualcosa, mentre la macchina riesce a elaborare 44 milioni di partite in 9 ore basandosi solo sulle regole”.