Ottavio Mancuso, Inchieste e misteri d’Italia. Il giornalismo d’inchiesta nella storia, il diritto a essere informati, 2024, Nuova Cultura, 24,50 Euro

Un libro essenziale e dettagliato, il mestiere del giornalista come esempio massimo dei doveri di un cittadino: salvaguardare i diritti in cerca della verità, coscienti che quei diritti come sono stati guadagnati possono perdersi. Così in questo volume edito per Nuova Cultura, Ottavio Mancuso offre un vademecum del giornalista d’inchiesta: cos’è l’inchiesta, cosa deve ricercare il giornalista, quali gli esempi nazionali ed internazionali più celebri, da cui attingere e imparare, quali i casi ancora aperti. C’è tutto quel che c’è da sapere.

In un primo capitolo lucido, la relazione tra i cittadini e il potere italiano viene analizzata sotto la lente degli Anni di Piombo. Lavori di questo genere non erano mancati, come L’eco del boato di Mirco Dondi, ma qui la disposizione lineare e scolastica delle stragi di Stato e delle sentenze fa risaltare ancor di più l’assurdità di questa anomalia della giustizia italiana

Mancuso si rivolge ai giovani, che vede crescere e ai quali parla nelle sue lezioni alla Sapienza.La scelta di mettere in fila le sentenze sui più grandi misterid’Italia, dalla strategia della tensione a Mani Pulite,passando per la trattativaStato-Mafia, sembra adatta a un pubblico abituato a prestare attenzione soltanto alle grandi cose: il racconto che ne viene fuori è materia almeno per una maxi-serie Netflix.

Poi i capitoli sul mestiere. Avere a che fare con i “poteri forti”,con la criminalità organizzata e le grandi aziende, per scovare i segreti che le classi dirigenti politica ed economica di un Paese non vogliono siano resi pubblici, mette il giornalista d’inchiesta in una difficile posizione, molto più rischiosa dei suoi colleghi. Anche in questo sta però il fascino dell’autenticità assoluta, dato che le verità che porta alla luce il giornalista d’inchiesta possono cambiare le sorti politiche di una nazione.

Periodici come L’EspressoPanoramaL’Europeo e Il Mondo hanno rappresentato un punto di riferimento fondamentale nel giornalismo italiano, diventando per anni strumenti essenziali per una corretta informazione e per comprendere la realtà. Mancuso constata che, tuttavia, oggi questi settimanali sono quasi scomparsi o, nel migliore dei casi, sono una piccola nicchia nel panorama editoriale.

La prefazione la scrive l’ex magistrato Giuliano Turone, che si è occupato soprattutto di Cesare Battisti, Michele Sindona e del boss mafioso Luciano Liggio, ma che in Italia Oscuraha ragionato dei tre anni tra la morte di Aldo Moro e la strage di Bologna.

Mancuso si concentra su quel quarto di secolo che va dall’inizio della Strategia della tensione, nel 1969, alla fine della Prima Repubblica, nel 1994, segnato da stragi e attività eversive. In questi anni, anche apparati istituzionali che non rispettavano la Costituzione hanno giocato un ruolo attivo, con depistaggi e manovre su cui resta ancora molto da scoprire.

Non a caso, il libro si conclude riportando l’articolo 21 della Costituzione, in cui si proclama la libertà di parola e di espressione (che tutti ricordano e sono pronti a sguainare come una spada). Ma Mancuso si spinge più in là. Come comunità democratica, dovremmo concentrarci ancora e meglio per l’inserimento in Costituzione di un articolo a tutela del diritto dei cittadini all’informazione, che oggi appare non solo utile ma soprattutto necessario.

 

Enrico Mascilli Migliorini

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