Lettera aperta di Paolo Lutteri –15 febbraio 2024
Cara Ada,
sono lieto del tuo prossimo viaggio in India. La Repubblica Indiana oggi fa un miliardo e mezzo di abitanti, il 50% dei quali ha meno di 35 anni; la popolazione parla 27 lingue ufficialmente riconosciute e più di 1600 dialetti diversi. Più dell’hindi l’inglese costituisce la base della conoscenza tecnologica ed è considerata lingua ufficiale sussidiaria. L’India oggi vorrebbe farsi chiamare “Bharat” in tutte le lingue del mondo, rifacendosi al nome delle principali tribù di cultura vedica del secondo millennio avanti Cristo, per riscattarsi dal passato coloniale del Regno Unito. In India, tra due mesi, 900 milioni di persone potranno andare a votare per il Parlamento e per il Governo: informazione e disinformazione sui progetti elettorali viaggiano già sul web.
Dal punto di vista della rivoluzione digitale, in India circa 750 milioni di persone sono connesse a internet. Come è noto il sistema delle caste è stato abolito, ma resta endemico ed è il problema principale delle disuguaglianze sociali. Forse l’uso di computer e telefoni nelle interrelazioni sociali contribuirà a parificare certe incongruenze medioevali sui diritti umani.
L’introduzione dell’intelligenza artificiale è quindi estremamente rilevante, sia nel campo della formazione che in quello economico e culturale. Sul piano giuridico c’è una bassa criticità e l’attenzione è meno intensa che in Europa o negli Usa. Voglio pensare che il pluralismo delle istituzioni indiane prevalga su regole totalitarie come altrove, pur nel dovuto rispetto degli individui. In realtà i cyberattacchi sui dati, soprattutto dalle big tech estere, sono notevoli e cominciano a preoccupare il governo. A livello nazionale, per esempio, il traffico web è rivolto quasi prevalentemente a Google (più del 90%). Yahoo, Bing, DuckDuckGo e il cinese Baidu hanno un ruolo ridottissimo, così come i provider ‘locali’ come Guruji, Justdial.
Tuttavia, il caratteristico talento indiano per le scienze matematiche e la prossima esplosione demografica che avrà caratteristiche di educazione tecnologica porteranno la Nazione a un ruolo importante nella ricerca scientifica; peraltro è già ben avviata nei settori high-tech, nell’industria spaziale (missioni su Luna e su Marte), in quella farmaceutica, nella gestione logistica dei magazzini e dei trasporti, oltre che nelle nanotecnologie e nelle fonti di energia rinnovabile. Al momento purtroppo sono ancora molto rilevanti le contraddizioni tra un’élite industriale e un disagio diffuso nei servizi per la popolazione, sia nelle campagne che nelle metropoli.
Tornando al settore della comunicazione, fondamentale per l’unità nazionale, per l’inclusività e per l’emancipazione, il web in India ha scarsi contenuti indigeni, perciò sono stati avviati alcuni grandiosi progetti per rompere le barriere linguistiche e consentire l’accesso digitale da ogni lingua locale, utilizzando l’intelligenza artificiale: Progetto Bhashimi del Ministero dell’Elettronica e della Tecnologia dell’Informazione (https://bhashini.gov.in/) e Progetto Indus del Gruppo Tech Mahindra (https://www.techmahindra.com/ ). Sono le sfide parallele a ChatGpt di OpenAI: il linguaggio LLM verso una cultura radicata nei secoli. Avremo un Dharma cucito con l’intelligenza artificiale? Sarà più preoccupata la Trimurti o Narendra Modi?
Tu Ada vai tranquilla, rispetta usi e costumi, studia i testi sacri e fatti raccontare i dettagli di come funziona la rivoluzione digitale nelle scuole e nell’amministrazione pubblica. Ce lo dovrai raccontare per bene.
Un abbraccio
Paolo
(Per chi fosse digiuno di induismo: “Dharma” ha tanti significati, mi limito a definirlo come la serie di norme dell’universo naturale e di quello sociale. Le illustrazioni sono state generate, su mia richiesta, dal software di intelligenza artificiale di Microsoft)