Pubblichiamo l’intervento di Carlo Malinconico, Presidente FIEG, su “Diritti d’autore nell’era di Internet”

 

Sono convinto che nessuna battaglia possa essere fatta di retroguardia perché è naturale che ci sia l’evoluzione tecnologica, è naturale che questa tecnologia comporti, come oggi, una grande pluralità di piattaforme tecnologiche, dalla carta stampata, che è ancora significativamente presente, alla televisione, a Internet, agli smartphone. Tra l’altro anche io mi sono dotato della magica tavoletta (l’iPad, ndr) e mi sono accorto, usando il computer per motivi professionali e l’iPad per scrivere i miei testi, che un computer cambia lo stile perché in qualche misura per essere aderente ai formati che la macchina impone, condiziona anche la scelta di una certa formattazione e aiuta a migliorare lo stile.

Interessante è questo intreccio tra cultura, tecnologia e volontà di difesa dei valori culturali perché da una parte tutti noi sentiamo il desiderio di preservare abitudini e usi che provengono dalla tradizione e in cui ci si identifica. Ma questo non vuol dire ancorarsi ciecamente allo strumento tradizionale, alla carta, perché non sarebbe giusto, sarebbe antistorico, sbagliato.

Carlo Fornaro parla di evoluzione, dice che non è Internet ad essere morto ma il Web. Si tratta di aspetti che per alcuni di noi probabilmente potrebbero apparire misteriosi, quando sono di fronte a certe descrizioni del fenomeno tecnologico io ne rimango affascinato, cerco di comprenderlo ma naturalmente non so intuire sul momento che cosa significhi.

Io stesso, ad esempio, utilizzo l’iPad, ma continuo a leggere i giornali tradizionali. In un convegno mi è stato detto che essendo un editore di carta stampata dovrei rifuggire dal uno strumento del genere, credo che non sia  così. L’iPad, così come molte altre tecnologie, modificano le nostre abitudini: mi sono accorto, ad esempio, che qualche tempo fa portando a casa il giornale oltre a me lo leggevano tutti i miei familiari. Adesso che ho l’iPad, invece, rischio di leggerlo soltanto io, non c’è la stessa circolazione del giornale, perché si tratta di uno strumento ad uso essenzialmente individuale che arriva a suscitare addirittura anche un pizzico di gelosia.

Il fenomeno più importante degli ultimi tempi è senza dubbio la digitalizzazione, e qui vado su campi tecnici su cui mi avventuro con molta prudenza, e cioè la possibilità di tradurre il testo in modo da renderlo idoneo a piattaforme diverse. Gli editori naturalmente non possono, né vogliono rimanere estranei a questo processo perché si rendono conto che non sarebbe giusto. Da loro ci si aspetta che facciano imprese di cultura per produrre prodotti editoriali che fino ad ora sono stati visti solo sulla carta.

L’editore è un imprenditore, quindi deve far quadrare i conti ed organizzare l’impresa in modo che sia produttiva. Prima di investire deve ragionevolmente e responsabilmente capire come si evolverà quel business. L’editore, in quanto imprenditore, sa bene come funziona il business della carta stampata, perché lo ha vissuto e sperimentato negli anni. Sa che deve trasmigrare verso la multimedialità, chiede anzi un intervento normativo che non crei barriere inutili al prodotto editoriale, cosa che invece oggi succede perché se si va su carta si ha un certo trattamento fiscale, mentre se si va sul prodotto digitale c’è da pagare un’Iva maggiore. Sebbene io creda che la transazione dovrebbe essere neutrale sotto questo punto di vista, capisco anche che ci si azzardi a fare il passaggio dei giornali dalla carta allo strumento digitale.

Il vero problema è che non si sa ancora quale sarà l’assetto del futuro, sappiamo che c’è Internet, c’è il Web, ci sono i blog e tutti gli strumenti di comunicazione che si moltiplicano esponenzialmente. Quale sarà il rendimento di questo passaggio? Mentre della carta stampata se ne conosce il provento pubblicitario e si sa quello che renderà, l’evoluzione nel campo digitale rimane ancora da scoprire e nonostante questi dubbi, il salto lo si fa lo stesso.

Sono ancora fra quelli che quando sul computer vedono il titolo o l’immagine del giornale speculare alla versione in edicola si sentono confortati. Questo lo confesso perché provo anche un senso di appartenenza, mi piace il giornale perché lo vedo da tanti anni così, ci sono abituato. Venendo al tema di questo incontro, il diritto d’autore, posso dire che per reggere un’impresa editoriale c’è bisogno di valorizzare il contenuto che ha un costo anche significativo come tutti i prodotti di qualità. Bisogna quindi cercare un modo di ripagare questo costo: o con il prezzo del prodotto venduto o con i proventi pubblicitari. Non è stato finora intuito o indovinato un sistema diverso, ecco spiegate la preoccupazione e l’insistenza con cui gli editori chiedono che sia valutato positivamente il diritto d’autore. So bene che questo, come tutti i diritti di proprietà esclusiva, ha sempre qualcosa che va bilanciato. Ad esempio per i brevetti c’è un problema di antitrust, cioè di libera circolazione, nel senso che la proprietà non andrebbe troppo preservata a scapito del vantaggio collettivo. Però è anche vero che occorre un equilibrio perché ci deve essere un ritorno economico per chi produce quel prodotto editoriale e che quindi aspetta di far quadrare i conti.

Questo diritto di proprietà intellettuale viene normalmente vissuto con un po’ di diffidenza soprattutto nei confronti delle notizie, poiché in genere queste vengono percepite come un bene comune, come un qualcosa che c’è a prescindere. Nessuno potrebbe immaginare di applicare il diritto d’autore alle notizie. Ma le attività di selezione, lettura e gerarchizzazione di queste significano comunque mettere in piedi una macchina organizzativa che è propria dell’editore e che ha un costo, anche elevato.

Ciò che l’editore vuole proteggere non è la carta stampata in sé ma il prodotto editoriale, il prodotto giornalistico, il prodotto qualificato, che segue certe regole ed è per questo di qualità. Almeno questa è la situazione attuale della carta stampata, domani potrà essere diversa, tutto dipenderà dalle forze economiche e produttive non soltanto italiane ma di tutto il mondo.

Noi proponiamo di rivedere la legge sul diritto d’autore cercando di coprire anche la parte che riguarda le produzioni multimediali, che oggi manca di tutela. Battiamoci per un diritto al compenso, si rinvii la legge sugli accordi tra editori e motori di ricerca e si dia alle autorità il compito di verificare questi accordi. Noi siamo ricorsi all’antitrust per quanto riguarda la vicenda Google perché non possiamo ammettere che un soggetto faccia business coi nostri prodotti editoriali abbinandovi della pubblicità. Allora richiediamo che noi, in qualche misura, la più equa possibile, possiamo essere tutelati e compensati.

Questo in estrema sintesi il percorso che stiamo facendo con la Fieg e, devo dire la verità, qualche piccola soddisfazione in campo anche europeo l’abbiamo avuta perché per la prima volta ci siamo sentiti dire che eravamo i primi a fare questo tipo di discorso. Ci hanno seguito, il che vuol dire che in Europa c’è questa sensibilità, c’è l’idea che ci debba essere qualche tutela e questo mi fa sperare in una regolazione prossima del diritto d’autore.

 

Carlo Malinconico

Presidente FIEG

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